La triste e amara storia di una grave contaminazione da cesio-137 che si estese nel quartiere Setor Aeroporto di Goiânia: era stata scatenata dal furto di un vecchio apparecchio utilizzato in radioterapia in un ospedale abbandonato in Brasile. Era il 1987.
Due operatori ecologici entrarono nel vecchio ospedale, era il 13 settembre, la guardia di sicurezza quella sera non c'era. Trovarono l'unità di radioterapia. Pensarono di poterla smontare e ricavarci dei soldi dai rottami. Una volta caricata su una carriola, la portarono a casa. Quella stessa sera apparvero i primi sintomi di nausea ma i due proseguirono il lavoro. Il giorno seguente uno dei due cominciò ad accusare vertigini e diarrea e una delle sue mani cominciò a gonfiarsi, poi l'ustione, della stessa forma e dimensione dell'apertura praticata all'apparecchio: un mese dopo portò all'amputazione dell'intero braccio.
Intanto l'altro proseguì a smantellare la macchina seduto sotto un albero di mango nel suo cortile di casa fino a liberare la capsula di cesio-137 protetta dalla testa rotante. Con un cacciavite scavò nella capsula, vide una luce blu, era la sostanza iridescente, l'uomo pensò fosse polvere da sparo, cercando persino di accenderla senza successo. Liberò la sorgente radioattiva, rimase per sei giorni. Gli oggetti furono venduti a un cantiere di demolizione nelle vicinanze. Quella stessa notte il proprietario entrò nel garage e notò il bagliore blu dalla capsula forata; pensando che il contenuto potesse essere di valore o addirittura soprannaturale portò il tutto in casa. Nel corso dei tre giorni seguenti invitò amici e parenti per mostrare la strana sostanza iridescente, offrendo una ricompensa a chiunque fosse riuscito a liberarla dalla capsula: la sua intenzione era di fare un anello per la moglie. Un amico così riuscì a liberare col cacciavite diversi granelli di cesio-137 della dimensione di chicchi di riso. Vennero divisi tra amici e parenti. Sua moglie, di 37 anni, cominciò ad ammalarsi il giorno stesso. I rottami metallici passarono a un altro sfasciacarrozze.
Le persone, inconsapevoli del materiale che stavano approcciando, si ammalarono gravemente in contemporanea. La titolare dello sfasciacarrozze concorrente si rese conto della situazione e si diresse dal collega, che in quel momento era in possesso dei materiali. Lì, recuperarono i resti. Dopo averli chiusi in un sacchetto di plastica, li trasportarono in autobus fino all'ospedale dove avvenne la scoperta atroce.
La vicenda coinvolse ben 250 persone, tutti con residui radioattivi, a cui vennero demolite le case e requisiti tutti gli oggetti personali e vennero ospitate in uno stadio, che, dopo l'incidente venne demolito. Le autorità cittadine e nazionali vennero a conoscenza della vicenda entro quella stessa sera.
Il trasferimento, in una nuova sede, dell'Istituto Goiano de Radioterapia (IGR) del 1985, aveva lasciato la macchina incustodita nella vecchia l'unità di radioterapia acquistata nel 1977 e mai rimossa. Era una Cesapan F-3000, degli anni '50, acquistata nel 1977 e utilizzata fino al 1985, poi lasciata carica in loco, usava il cesio-137. Una situazione gestita senza la cura e l'attenzione necessarie. Si sarebbe potuta evitare?
La clinica IGR, che non esisteva più, nei fatti, fu comunque demolita ed al suo posto, intorno al 2000, è stato costruito un altro Ente.
4 furono i decessi. Alla luce delle morti avvenute, i tre medici proprietari dell'Instituto Goiano de Radioterapia vennero accusati di delitto colposo: la causa principale dell'incidente venne però individuata nella negligenza dei vecchi operatori della struttura che avevano abbandonato un'apparecchiatura così pericolosa. Poiché l'incidente avvenne prima della promulgazione della costituzione federale del 1988 e dal momento che la sostanza radioattiva era di proprietà della clinica anziché di un privato cittadino, la corte non poté tuttavia poi perseguire i proprietari dell'Istituto. L'incidente evidenziò l'importanza di catalogare e monitorare tutte le fonti di elevati livelli di radiazione, come oggigiorno è previsto dalla legge in molti paesi.
Uno dei medici proprietari e un fisico dipendente della clinica furono condannati a pagare 100.000 reais (oggi 16 mila euro) per la condizione di fatiscenza in cui versava l'edificio. I due sfasciacarrozze non furono inclusi tra gli imputati nella causa civile. Nel 2000 la commissione nazionale per l'energia nucleare fu obbligata dall'ottava corte federale di Goiás a pagare un indennizzo di 1,3 milioni di reais (oggi 208 mila euro) e a garantire l'assistenza medica e psicologica alle vittime, dirette e indirette, e ai loro discendenti fino alla terza generazione.
Lunga fu la decontaminazione di ambienti. Le persone furono trattate a lungo. L'urina delle vittime venne trattata con resina a scambio ionico per compattare le scorie e facilitarne lo stoccaggio.
L'operazione fu molto più difficile del previsto perché la sorgente di cesio venne aperta, spargendo il materiale attivo, molto difficile da eliminare perché solubile in acqua.