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Oltre la paura, incontro su sentimento dominante del nostro tempo
Cultura/eventi
Adolfo Ceretti, Luigi Savina e Ciccio La Licata, relatori d’eccezione per raccontare uno dei sentimenti più forti del nostro tempo
Nella Sala Tosti dell'Aurum l'incontro-dibattito “Oltre la paura, statistiche, riflessioni e testimonianze su un sentimento dominante del nostro tempo”, ieri, durante i lavori sono stati resi noti i risultati di un’indagine inedita, svolta nel mese di settembre dal Dipartimento degli Studi Giuridici e Sociali dell’Università d’Annunzio su “Le Paure dei Pescaresi”, a cura del professor Antonello Canzano, indagine che ha avuto un campione di 700 interpellati su vari argomenti riassunta di seguito con una sintesi degli interventi.
L'incontro ha avuto tre ospiti d'eccezione, relatori, ma anche testimoni del binomio fra la paura e il proprio campo di azione, quali: Adolfo Ceretti, ordinario di Criminologia dell'Università Bicocca di Milano, autore con Roberto Cornelli del libro di un libro illuminante sul tema, “Oltre la Paura”; Luigi Savina questore di Milano e Francesco Ciccio La Licata, giornalista, scrittore, fra i massimi esperti del fenomeno di Cosa Nostra e autore di una straordinaria biografia del giudice Giovanni Falcone del quale era amico.
Sul condizionamento paura e società si è espresso il professor Adolfo Ceretti: “La paura ridisegna gli spazi pubblici, gli uffici locali, ridefinisce la vita sociale, influisce sugli stili educativi – ha detto - Non è una sommatoria dei fatti individuali, perché gli omicidi sono in decrescita, ma è probabilmente la tensione verso una rinnovata centralità della paura come passione collettiva, un sentimento diffuso che si construisce intorno a una certa cognizione della società, che la propaga. Abbiamo l'idea di una paura che paralizza e quando accade si entra in una circolarità paranoica che da da amplificatore, si deve uscire da tale circolo vizioso. Cosa si può fare per frenare la paura, che non vive di nemici e non produce odio, ma va vissuta in modo euristico e non claustrofobico per poter essere risolta. In Venezuela, ad esempio, Josè Antonio Abreu, un economista e pedagogo educato alla musica, ha dato in mano ai ragazzi di strada uno strumento e ha individuato nell'orchestra un microcosmo della società ideale da liberare dalla paura e dai rischi connessi. Bene, questo gesto ha generato il riscatto esistenziale di ragazzi miseri e diseredati e oggi ci sono 350 musicisti che hanno costituito un'orchestra che ha cambiato la loro vita e quella delle loro famiglie”.
Il questore di Milano Luigi Savina ha parlato della paura nella sicurezza: “Dobbiamo capire perché la paura oggi domini – ha detto - malgrado nel 2013 si sia registrato dall'inizio del secolo il minor numero di omicidi, un numero che nel 2014 è diminuito ancora, insieme con le rapine e una serie di altri reati, ma ciò non incide sul problema della paura. Ciò che influisce è la paura come percezione di sicurezza, si ha paura di non essere al sicuro, non ci si sente tali. E' compito e responsabilità della politica non generare insicurezze su cui si innesti la paura per farsi leva e affermarsi”.
Attraverso il racconto di Francesco La Licata dei suoi esordi giornalistici a Palermo, è stato poi toccato il rapporto fra paura e media: “A Palermo c'era la mafia o i sindacati e non era difficile scegliere con chi stare – ha esordito – Paura e media, tutto contribuisce ad alimentare questo clima di incertezza che è diventato enorme, l'enfasi usata in certe titolazioni riguardo alla politica, ad esempio: dibattiti che diventano “guerra”. Oppure in economia: chi non sapeva nulla dello spread, a un certo punto ha avuto paura di tutto perchè era diventato una sorta di spettro. O le calamità, ricordo la Sars, in Italia abbiamo avuto più morti di tubercolosi, eppure aspettavamo la catastrofe incombente. Ecco, dare le notizie corredandole con degli argomenti che possano dare un armamentario necessario per affrontare la paura, senza farla cadere in fobia è un modo per affrontare questi tempi. Ma molto spetta anche alla politca che deve fare una scelta di grande saggezza, perché a furia di creare paure si formerà un boomerang che ci renderà claustrofobici. Infine c'è la paura dei giornalisti. Questo è un paese dove i giornalisti sono stati ammazzati, dal posto da cui vengo ne sono morti nove. Queste morti sono uno spreco pazzesco: perché chi scrive i fatti è solo l'ultimo anello di notizie che arrivano dalle fonti, che siano i magistrati, i poliziotti, i politici. La condizione di libertà di un Paese incide sulla paura, più libertà c'è meno paura si prova”.
L'indagine in cifre a cura del professor Antonello Canzano: “La paura che si rivela dall'indagine è un sentimento semplice, non avendo una rilevazione precedente non possiamo dire se le paure evidenziate sono persistenti o momentanee. L'indagine è stata svolta a settembre su 700 persone di Pescara, scelte in diversi quartieri a seconda della densità abitativa, per il 48 per cento donne e il 52 per cento uomini, che ci hanno accolto con serenità e tranquillità e grande disponibilita parlare.
Nella griglia abbiamo evidenziato le cinque paure prevalenti: la maggiore è il disagio economico, il 51,4 per cento (fra cui la perdita del posto di lavoro, il timore che il reddito non basti, il costo della vita); segue la paura generata dalla criminalità, il 23,4 per cento (non si teme la mafia, ma la microcriminalità, ovvero lo scippo, borseggi, furti, agressioni e rapine); terza paura l'inquinamento ambientale, 14,5 per cento (un fenomeno storico della città di Pescara per aria e acquan e sicurezza dei cibi); segue l'immigrazione, l'8,5 per cento (non si tratta di razzismo, ma del timore che ingrossino le fila della criminalità, non ritenendo capaci le strutture pubbliche e private di accogliere; il terrorismo internazionale ha una minima parte, l'1,8 per cento e a chiudere lo 0,4 la paura delle catastrofi naturali. Alcune singolarità: gli uomini hanno più paura del disagio economico, le donne della microcriminalità”.